giovedì 26 maggio 2016

1 anno di te: il giorno in cui sei nato


Sabato abbiamo festeggiato il primo compleanno di Pietro.

Il primo anno di vita insieme. Mi sembra già passato così velocemente. Se ci penso mi viene quasi da piangere: anzi a volte ho pianto (sono da ricoverare) pensando al tempo che è già passato, a tutti i momenti belli che sono già trascorsi e che, inevitabilmente, non torneranno più. 

Tutte le prime volte, le prime emozioni, le fragilità dei primi mesi, le insicurezze, le prime notti che spaventavano, i primi viaggi in tre. Tutto, insomma, quello che si sperimenta in un anno che è tra i più rivoluzionari per due genitori.  

Lo so che è stupido, perché per un anno che è passato molti altri ne dovranno ancora venire e ci saranno molte altre nuove emozioni da vivere, sempre diverse, man mano che nostro figlio crescerà, ma ho come la sensazione che questo periodo trascorso resterà unico, e un po’ mi dispiace che sia già dietro le spalle. 

Nei giorni scorsi sono stata strapresa ad organizzare l’evento “festicciola” e, complice la splendida giornata di sole, è stato un momento meraviglioso. 
Non potete capire quanto io senta lo speciale calore e l’atmosfera che si crea quando raduniamo intorno a noi famiglia ed amici per gli eventi speciali! Questa volta c’erano tante energie insieme: i nonni, commossi e inteneriti, innamorati persi del loro atteso primo nipote, gli amici di una vita, quelli con cui abbiamo condiviso tutto e gli amici nuovi, quelli arrivati con Pietro, coi quali c’è tanto da condividere oggi e in futuro.

Inutile dirvi quanta tenerezza nel vedere il mio Piripu spegnere la sua prima candelina e guardarlo ascoltare stranito la sua prima canzoncina di auguri! Era sorpreso e guardava tutti con quei suoi occhioni grandi. Mi sembrava felice.

In quel momento non ci ho pensato, impegnata com’ero ad aiutarlo a soffiare, ma la sera, quando tutti se ne sono andati e lui è crollato, ubriaco di volti, di sorrisi (e di regali) nel lettino della sua cameretta, mi sono fermata li, in piedi, a guardarlo dormire e non ho potuto fare a meno di pensare intensamente a un anno prima. 

Il giorno in cui è nato Pietro era nuvoloso. Non freddo, ma neanche quel caldo tiepido e dolce di fine maggio, come è stato sabato. 


Io e il Mio ci siamo presentati in ospedale addirittura in anticipo sull’appuntamento concordato con i dottori. Dovete sapere che Piripu è nato con un taglio cesareo programmato, in quanto podalico nell’ultimo mese di gravidanza. Non ha sentito ragioni e dopo aver effettuato la capriola all’indietro, posizionandosi coi suoi piedini in avanti, ha deciso di rimanere così fino alla fine, come a dire che lui, nella vita, ci voleva arrivare di corsa e in fretta, senza rischiare dilungamenti, vista la confidenza già sperimentata con la sua lunga attesa.
Della sala operatoria la cosa che mi ricordo con più intensità è il freddo! Un freddo cane, io mezza nuda e i dottori bardatissimi fino ai denti coi loro camici e le mascherine tirate su.
Dire che ero tranquilla mi sembra troppo, un po’ di ansia ce l’avevo, soprattutto  legata all’anestesia spinale, ma in fondo, di lettini di ospedale ne avevo già sperimentati e, questo, era proprio quello su cui desideravo essere sdraiata!! Non mi importava del parto naturale, non me ne è importato fin dall’inizio, quando il gine mi preannunciò il cesareo. D’altra parte potevo, proprio io, soffermarmi sul rimpianto di un parto naturale??
Suvvia, non scherziamo! Chi se ne importava se non avrei urlato, sudato, spinto, avuto le contrazioni. E chi le voleva? Io volevo solo lui: ho sempre promesso, in questi anni di attesa, che non mi sarei mai lamentata per notti insonni e occhiaie, io, che avrei dato tutte le ore di sonno del mondo per avere un figlio…..figuriamoci per un parto cesareo!

Mentre mi tagliavano il basso ventre ho sentito le mie forze cedere; le mie gambe mi avevano già abbandonato da qualche minuto dopo essersi rapidamente informicolate del tutto. Guardavo il soffitto della sala operatoria e le facce degli anestesisti sopra di me. Mentre pensavo “tra poco lo vedo, tra poco lo vedo…” quello che vedevo, in quel momento, erano delle lacrime rigare il volto dell’anestesista alla mia destra, un ragazzone alto e non giovanissimo. Mi soffermai su di lui: le sue parole all’uscita di Pietro dal mio pancione sono state le prime che ho realizzato, prima ancora del suo vagito; mi disse, piangendo, e poi scoprirò il perché: “Signora, è bellissimo”.

In quel momento archiviai quella frase, ovviamente, mi sembravano comuni parole che un infermiere in sala parto rivolge ad ogni neo-mamma. Invece erano parole speciali, ma lo capii verso le 17 di quel pomeriggio.

Io, comprendete, in quel frangente, avevo da fare. Pure il mio, di viso, era un fiume di lacrime, non riuscivo a smettere e la vista mi si annebbiava, ma non ho mai perso conoscenza. Ho sentito tutto quello che facevano i medici e quando hanno tirato fuori Pietro mi sono sentita come una lavatrice svuotata di un enorme sacco piumone che occupava l’intero cestello! (Questa metafora l’ho usata più volte per raccontare la mia esperienza di parto a tutte le mie amiche mamme-non-cesaree).

E così alle 12,30 del 21 maggio di un anno fa, Pietro ed io ci siamo guardati negli occhi per la prima volta. Effettivamente era bellissimo.

I giorni seguenti in ospedale li ricordo come una giostra di immagini. 
Lui sul mio petto, lui con la tutina che avevo preparato nei sacchetti della valigia, lui nella culla di plastica di fianco al mio letto, ed io con il mio taglio dolorantissimo, i punti, le flebo attaccate, le tette così piene di latte da stare male, le visite notturne delle ostetriche nel corridoio solo apparentemente buio, su cui si affacciavano camere grondanti pianti di neonati, noi mamme nuove col fiato in gola e con i pannolini che non sapevamo cambiare. 

Tutto, a ricordarlo ora, aveva anche un profumo, un sapore, un colore. La gioia e la fatica di quelle notti le ricordo così.

Eppure io non posso dimenticare che sono stata senza di lui ad aspettare a lungo questi momenti. Ed è proprio per questo che mi sentirò sempre vicina a chi questo sogno lo ha cercato invano, a chi lo sta ancora cercando o a chi lo troverà solo dopo tanta sofferenza.

A persone come quell’infermiere, che piangeva perché cercava un figlio da più di 4 anni senza riuscire a raggiungerlo, a cui per lavoro toccava veder nascere i figli degli altri. Venne nella nostra camera a ringraziarci perché per lui eravamo l’esperienza dalla quale trarre forza per andare avanti. Aveva saputo dei nostri ripetuti tentativi di PMA, che anche lui e sua moglie stavano affrontando. 

Di fronte a lui mi sentii in debito e questo è uno dei motivi per cui ho deciso di scrivere la mia storia.

martedì 17 maggio 2016

Mamma col tacco....per un giorno!


E fu così che, dopo più di un anno e mezzo di astinenza, sono tornata in un negozio di scarpe e ne sono uscita con un tacco 12!

Non che io sia un’amante del tacco, né 12 né tantomeno 6 o 7, cioè, per capirci, se vivessi in un paese esotico girerei sempre in infradito, ma comprare un paio di scarpe col tacco fa sempre bene all’umore e anche all’autostima! E’ sempre un’esperienza entusiasmante per una donna provare certe sensazioni legate ad un acquisto d’impulso.
O, perlomeno, per me lo è!

Premetto che ho lasciato Pietro al  Mio,  diversamente non avrei potuto prendermela comoda, così come me la sono presa, provando e riprovando modelli, come una single spensierata!
La commessa del negozio ha conosciuto, nell'arco di una bella mezzoretta (tanto è durato il tutto) la storia dei miei piedi, dalla gravidanza ad oggi.
Sono riuscita a raccontarle di Pietro, delle difficoltà ad averlo (poteva importarle di meno?? ) e di conseguenza, come fosse una logica conseguenza, della impossibilità di mettere tacchi essendo diventata mamma!

L’occasione per questo ardito acquisto me l’ha data il matrimonio imminente di una cugina. Non potevo certo presentarmi con le solite ballerine, seppur strassate o luccicanti! Ebbene, mi sono detta: se non ci provo ora, non li rimetterò mai più, un paio di tacchi!

Ed ecco come che mi presenterò a questo matrimonio: con in braccio il nano che mi strapperà le vesti e tirerà da ogni lato la mia messa in piega, sudata e col trucco approssimativo “fai da te” (un tempo non poteva esistere matrimonio senza previa estetista, appunto…un tempo…), di certo saremo in ritardo e trafelati, urlanti “rulba rulba”, che nel linguaggio dei magici libri in pietrese significa “corri, corri!”… ma avrò il mio tacco 12!

Eccome se l’avrò!

E sarò una mamma col tacco 12…..almeno per quel giorno.

Pensare che avrei spergiurato di mettere tutta la vita le ballerine in cambio di un figlio!


domenica 8 maggio 2016

Oggi che sono mamma

È arrivata la mia prima festa della Mamma da mamma. Siamo sinceri, potevo non scrivere sul mio nuovo blog per questa occasione?
No, obiettivamente.

Voglio raccontarvi cosa ho capito della festa della Mamma in questa mia prima festa della Mamma da mamma!

Per capire ho iniziato da quando ero bambina e per me la festa della Mamma era un giorno bellissimo.

L’occasione per poter confezionare, con tutta la mia fantasia di bambina, lunghe letterine e speciali biglietti per la mia adorata mamma. Sono sempre stata espansiva e affettuosa e mi sentivo felice nel raccontare le mie emozioni.

Ecco, in questo diciamo che non sono cambiata! E' uno dei lati che mi piace di me!

Dire quello che provo alle persone è un bisogno che mi porto dietro dall’infanzia. Nella mia famiglia d’origine sono l’unica ad avere questa caratteristica e adesso che sono diventata mamma mi sembra la cosa più bella da trasferire ad un figlio.
Vorrei che lui fosse capace di sentire sempre, nel profondo del cuore, ogni sentimento, bello o brutto, ogni sensazione, ogni sfumatura della vita, e che possa manifestarla, dargli un nome, lasciarla scorrere nelle vene senza paure e senza freni!

Mi piaceva la festa della mamma, mi sentivo quasi la protagonista come figlia, anche se la festeggiata non ero io! Per molto tempo la festa della mamma l’ho vista solo con gli occhi di figlia (ma si smette mai davvero di sentirsi figli?) poi è arrivato un altro momento: quello in cui questo giorno avrei voluto cancellarlo dal calendario. Brutto, si, brutto da dire. E da spiegare, perché  è facile essere fraintese.

E come spiegarvi che, negli ultimi anni della mia vita, questa festa era oggetto della mia indifferenza e soggetto della mia sofferenza?

Eppure ero sempre la figlia di una mamma meravigliosa e meritevolissima di essere festeggiata! Ma il fatto era che non mi bastava più!

Io volevo essere la festeggiata. E non mi bastava più sentirmi in qualche modo attore della festa come quando ero bambina. Io volevo essere la protagonista. Ma è difficile quando si sta male essere protagonisti di qualcosa di diverso della propria personale sfiga. Si crede di essere perseguitati, ci si sente vittime sempre di qualche torto, ed è  su quello che ci si concentra, sprecando energie in inutili recriminazioni. Io volevo essere mamma e non riuscivo, e per la famigerata proprietà  transitiva, non riuscivo a gioire per le mamme in generale.

Oggi che sono mamma molte di queste cose mi sembrano assurde, stupide da pensare, ma vi giuro che le ho provate!
Oggi che sono mamma posso dire di capire cosa si prova ad essere genitore, cosa si sente nel dare alla luce una vita, sentirla tua, anche se non lo è, sentirtene responsabile, anche se poi dovrai lasciarla andare.

Per questo, forse, anche il sentirmi figlia, oggi, mi sembra diverso e la festa della Mamma mi sembra un giorno bellissimo come allora!

Perché in fondo, se ci pensiamo bene, chi è veramente protagonista di questa festa?

Non siamo tutte figlie, prima di essere madri?

Auguri a tutte le mamme. E a tutte le loro figlie.

lunedì 2 maggio 2016

Il ritorno al mondo di tutti


C’è un tempo in cui il mondo si ferma. Almeno per una neo-mamma.

E’ il tempo in cui gli altri non esistono più; la vita sociale, con i suoi annessi e connessi, smette di avere importanza e con lei se ne vanno anche TV, telegiornali, cronache, libri. Le ore si dilatano ed è come un’eterna domenica, dove il calendario non serve, perché non ha più importanza dare un nome ai giorni, ai mesi, alle stagioni. Non è di nessun interesse se piove o se c’è il sole e puoi persino eliminare dal tuo cellulare la app con le previsioni meteo!

Il mondo, nell’accezione che fino a quel momento ha avuto questa parola, non esiste più per te che sei diventata mamma da poco. Il mondo-di-tutti, intendo. Esisti solo tu, nel tuo nuovo ruolo, il tuo bambino e i vostri ritmi, scanditi dal binomio pappa-nanna!

Nella mia esperienza di mamma questo periodo è durato molto a lungo. Un anno e mezzo lontana dal “mondo-di-tutti”, che si sono tradotti anche in un’assenza prolungata dal mio vecchio blog http://inattesadiattesa.blogspot.it/ che ho deciso di chiudere per aprire una nuova pagina, più adatta alla nuova esperienza di mamma che sto vivendo, ma che sempre sarà il risultato di quello che è stato il mio passato. Spero che entrambe le mie esperienze possano essere d’aiuto ad altre donne, mamme diventate, sognate o immaginate, e strappare loro un sorriso leggero.

Ed è così che è nato: www.lamammacheaspettavo.blogspot.it così come, il 21 maggio 2015, è nata la mia nuova vita.

Questo anno e mezzo è stato per me travolgente, sconvolgente, una rivoluzione in piena regola. Un periodo “sospeso”: come aver vissuto in una bolla di sapone.
E’ stato senza dubbio il periodo più bello e intenso della mia vita fino ad ora. Quello che avevamo sognato (e chi ha seguito il mio blog conosce la mia storia) si è avverato ed è diventato una splendida realtà, alla quale dedicarsi totalmente.
Tuttavia, indipendentemente da quanto questo non-tempo possa durare, esso inesorabilmente finisce, per tutte, in un unico e ben preciso momento: quello del temuto rientro al lavoro per la neo-mamma!
E’ il momento in cui ti rendi conto che gli altri non hanno perso l’orologio e che esiste ancora gente a cui interessa che tempo farà nel weekend!!
Quindi, eccomi qui, dopo 10 bellissimi mesi, a fare i conti con questo momento che anche per me è arrivato.

È senza dubbio un passaggio delicato, per la mamma e per il bambino, perché i neonati, sentono profondamente questo distacco, anche se non lo manifestano tutti nello stesso modo.  Pietro avverte nel profondo se ho dei pensieri diversi dal solito, se sono in ansia, triste, nervosa o preoccupata. Me lo legge nel cuore, meglio di uno psicologo, e davanti a lui e ai suoi occhioni profondi non posso fingere.
Lui ha iniziato a presentare segnali di disagio addirittura in anticipo sul mio rientro. Risvegli notturni, una o anche due volte a notte (si lo so che per la maggior parte dei bimbi è la normalità, ma stiamo parlando di mio figlio Pietro, che da quando è nato si è sempre sparato 10/12 ore di sonno filato); mammite acuta nella fascia oraria 18-21 con sguardo languido e innamorato di chi non ha occhi che per te; pianto istantaneo dopo mio allontanamento anche solo di pochi centimetri; sindrome da abbandono se lasciato fra le braccia del papà per più di 20 secondi, con conseguente confinamento della figura paterna al ruolo di semplice co- inquilino!
Devo aver covato nei giorni precedenti una angoscia profonda di cui nemmeno io ero pienamente consapevole, ma Pietro sì. Anche se non volevo ammetterlo, o se superficialmente non sembrava, io sono stata molto tesa per giorni e il mio pensiero fisso era il cambiamento che avremmo dovuto affrontare. Continuamente mi chiedevo come avrei potuto lasciare il mio bambino per buona parte della giornata, dopo 10 mesi di vita in simbiosi. Credo succeda qualcosa di simile per tutte le mamme.

Il momento più difficile in assoluto è la mattina, quando lascio il lettone caldo e ancora pieno del suo profumo e stropicciato dalle sue manine che mi cercano durante il sonno. Vorrei stare li abbracciata al suo tenero corpicino a continuare a respirarlo tutto il giorno, senza orari come facevamo prima!
Il cambiamento maggiore che ho notato in lui è l’attaccamento che ha sviluppato nei miei confronti. Parrebbe paradossale che i figli debbano attaccarsi alle mamme proprio quando loro devono staccarsene, ma forse è proprio questo che rende questo rapporto unico e speciale. L’essere sempre alla ricerca l’uno dell’altro, il pensarsi sempre e solo vicini, il sentirsi una cosa sola, pur stando lontani. Credo che sia questo che permette a entrambi di sopportare la separazione fisica.
Io senza di lui mi sento come tagliata a metà, come se mi mancasse un pezzo. Ma mi basta pensarlo per sentirlo vicino e sentirmi subito sollevata. Come a dire: lui c’è. E c’è sempre. Non è più un sogno. Posso andare ovunque, ma sarò sua madre per tutta la vita. È uno dei pensieri più ricorrenti da quando sono mamma, e forse dipende dal fatto che ho atteso tanto prima di diventarlo. Forse questa è una prerogativa di chi, come me, ha avuto modo di pensarsi non-madre per tutta la vita e ha bisogno di avere conferme continue sul fatto di esserlo.

Per alcuni versi il mio è stato un rientro burrascoso. Problemi che non starò qua a raccontare ma che hanno avuto un happy end sorprendente che ha portato tra i membri della nostra famiglia un nuovo componente: la mamma-che-lavora-part-time!
Questa grande novità ha suddiviso la mia giornata in due parti ben precise. La mattina quando sono in ufficio riesco a concentrarmi sui progetti, sulle riunioni, i meeting eccetera, e il pomeriggio quando sono con Pietro penso solo a lui e sento di avere ancora tante energie da dedicargli! La mia paura era quella di fare esattamente il contrario!
Una delle prime piacevoli scoperte è stata che il mio lavoro mi piace ancora parecchio, nonostante i tanti km che percorro per raggiungerlo! Non nascondo che ho valutato diverse alternative prima di rientrare, tra le quali quella di fare la mamma h24, immediatamente scartata per cause di forza maggiore, e quella di trovarmi un lavoro più vicino, ancora non scartata ma in stand by a data da destinarsi, date le difficoltà dell’attuale momento di crisi economica!

Ma veniamo agli aspetti drammatici che la mamma si trova bruscamente ad affrontare una volta fuori dalla bolla:

-        Il primo giorno TUTTI ti circondano di affetto, i colleghi-amici, ma anche i semplici colleghi-conoscenti, i colleghi intravisti e pure i colleghi nuovi che non conosci nemmeno: ti chiedono del tuo nanetto, vogliono vedere foto, ti chiedono quanto è stato traumatico il rientro, dando per scontato che lo sia stato.

-        Il secondo giorno QUALCUNO ti chiede come sta andando il rientro, dando per scontato che ormai non sia più traumatico.

-        Dopo tre giorni TUTTI ti salutano come se tu non fossi mai mancata e, soprattutto, anche a te sembra che sia così.
Per la serie: il fatto che io sia diventata mamma può (udite-udite) addirittura non interessare al mondo-di-tutti.

Uno dei vantaggi del lavorare molto lontano da casa è che il tragitto casa-lavoro in auto mi permette di abituarmi piano piano all’idea del distacco, senza versare troppe lacrime.
Inoltre, il fatto che in auto ci si ritaglia del tempo per se stesse, che, come tutte le neo–mamme sanno, è merce assai rara. È l’unico momento della giornata in cui si è veramente DA SOLE! Telefonate alle amiche, messaggi in chat di gruppo (dove predominano i gruppi-mamme ovviamente!), musica e addirittura notiziari alla radio trasformano il viaggio, che prima era esclusivamente un peso, in un quasi piacevole momento di pubbliche relazioni, indisturbate! E’ un contenitore quasi perfetto di tutte queste piccole occupazioni sociali che, quando si è col frugoletto, ti fanno sentire tanto in colpa e che invece così hanno uno spazio dedicato (col rischio costante di tamponare l’auto davanti in coda ma questa è un’altra storia……)
Ed ecco qui: questa è la mia nuova vita di mamma-che-lavora-part-time. Una vita dove tutto si è ribaltato.

L’autostrada, l’ufficio, i colleghi ...ogni cosa apparentemente sembra rimasta uguale a prima, gli stessi movimenti, le stesse persone, addirittura ho ritrovato gli stessi fogli di appunti nel cassetto!

Ma quella che è cambiata sono io!
Io non sono più niente di quello che ero prima. Il mio sguardo sul lavoro, anche se ho la fortuna di fare qualcosa che amo, è cambiato totalmente. Credo che rimarrà diverso finché mio figlio non sarà completamente cresciuto. Le mie priorità, l’ordine di grandezza delle cose, il peso di tutto o quasi ciò che mi circonda è cambiato per sempre con la nascita di mio figlio. È come se avessi due occhi del tutto nuovi, che mi fanno vedere il mondo irrimediabilmente diverso!

È’ lui la spinta delle mie azioni, la forza che mi da’ vitalità ed entusiasmo per affrontare la vita e le mie nuove sfide: il lavoro, gli impegni quotidiani, le relazioni con gli altri hanno un nuovo significato con gli occhi di mamma.
Il suo sguardo pieno di allegria, semplice, pura, quando mi vede tornare a casa è una potenza. È la più grande fonte di energia che abbia mai avuto dentro. È, in fondo, l’energia che fa girare il mondo: il mondo-di-tutti.