sabato 13 agosto 2016

Medaglie

Guardando i Giochi Olimpici in questi giorni e, in particolare, le facce degli atleti sul podio, ho pensato spesso ad una cosa che mi è capitato di dire e scrivere in riferimento alla mia tanto attesa e un po’ miracolosa gravidanza.
Ci penso e guardo i loro volti, cercando di capire se quella medaglia se la aspettassero o meno. Cerco di scorgere in quei volti il segnale di coloro che si trovano lì inaspettatamente, non so, magari avendo battuto il superfavorito, oppure avendo fatto la gara della vita, quella che non ti ricapita più. E lo sai.
Perché la differenza in quei volti si vede. Si vede dagli occhi, che hanno una luce diversa. Diversa da quelli che, invece, sanno di essere i più forti.
Ecco io, spesso, mi sono sentita durante la mia gravidanza come uno di questi atleti. Come uno di questi giocatori scarsi che vincono una medaglia d'oro e la cui vittoria non potrà mai essere uguale a quella del giocatore più forte. Ma è una vittoria dal sapore speciale. Il sapore dell’impresa.
Per questo ho sempre pensato che le gravidanze come la mia abbiano con sé un sapore diverso rispetto ad altre. Non più degne o meno, sia ben chiaro, ogni vita che viene al mondo ha la stessa dignità, ma essendo più sofferte hanno indubbiamente una considerazione diversa da parte di chi le raggiunge, diversa da quelle venute così, quasi senza pensarci, o senza difficoltà.
Ho guardato tanti pancioni di mamme come ho guardato gli occhi degli atleti sul podio, cercando di capire che tipo di pancia fosse quella. Come se cercassi solidarietà solo in quegli occhi che, come i miei, erano increduli.
Per mesi, anche oltre il primo trimestre, ho evitato fatiche, sollevamenti pesi e persino troppe scale nell’intento di preservare un pancione che non mi sembrava vero di avere, trattandolo come una fragilissima sfera di cristallo che avrebbe potuto rompersi da un momento all’altro.
Tante precauzioni inutili, stupidissime se le racconto a tante donne, ma che per me erano la naturale conseguenza del percorso che mi aveva portato lì, su quel mio personalissimo podio, senza averne nessun merito particolare.
Perché è questa la differenza: un figlio non è come una medaglia. Un figlio non è un merito e non dovrebbe essere mai considerato tale. Qualunque sia il cammino che ti abbia portato ad averlo.
Io mi sono  sentita e mi sento ancora oggi, spesso, come la destinataria di un dono immeritato, rispetto a tante altre donne che, pur desiderandolo, non lo hanno ricevuto. Per questo ho fatto di tutto fin dall’inizio della gravidanza per proteggerlo, anche esageratamente.  
Ma tutto questo mi ha fatto capire il contrario e cioè che non c’è niente che una donna o un uomo possano fare per meritare un figlio.
Un figlio non si merita, così come non si demerita. Si deve accettare e basta. Un figlio non è, e non deve essere, la ragione di vita di un genitore, non si può dare loro questa responsabilità. Non è giusto.
Un figlio è una vita, che appartiene solo a lui, e di cui possiamo essere solo il trampolino di lancio.
Perciò Pietro, Amore mio, farò di tutto per essere una buona madre per te, per far si che i tuoi sogni si avverino, ma questo è tutto ciò che posso fare.

Poi, Amore sarai tu a dover giocare la tua partita, non importa se con o senza medaglie.



sabato 6 agosto 2016

Lupo, lupo...ma ci sei?

Da quando sono mamma molto è  cambiato nella mia visione della vita, ma anche di quella sui bambini in particolare.  

Non riesco più a tollerare la visione di sofferenze nei bambini.  Non che prima mi piacesse, ovviamente, ma oggi sento un groppo alla gola, un dolore, quasi fisico allo sterno, che mi rende difficile guardare una qualsivoglia immagine di bambini che soffrono. Cambio canale non appena vedo in tv le pubblicità di Medici senza Frontiere,  di bambini abbandonati, malati, denutriti. 
E in questi giorni, dopo il video dei maltrattamenti in un asilo di Milano, ho sentito il bisogno di scrivere sull'argomento.  

Non riesco, non ci riesco proprio a guardare quel video.

Non so cosa mi prende, ma il pensiero di uno solo di quei bambini che hanno dovuto subire queste violenze mi fa stare male. Ma male, giuro, fisicamente! È una cosa che ho riscontrato parlando sia con il Mio, sia con altre amiche mamme. Non ce la si fa. Eppure, ahimè , notizie come questa non è la prima volta che le sentiamo. 
Ma ho cercato di capire cosa sia quel dolore specifico che sento, dato dal mio essere genitore.  Quando hai un figlio vorresti che il mondo per lui o per lei sia accogliente e benevolo, non desidereresti mai il male,  ma questo, oltre che essere ovvio, è anche purtroppo irrealizzabile perché,  si sa, il male, il dolore, la sofferenza sono parte della vita e sono cose che,  pur con le dovute proporzioni,  occorre affrontare per diventare adulti. 

Per cui non è questo quello che mi fa paura. Quello che provo fa parte dell'irrazionale, è  qualcosa di ignoto, un timore sconosciuto che, associato alla possibilità che possa toccare un essere indifeso come un bambino diventa intollerabile.
E, ancor di più, immaginato per mio figlio, ecco che arriva il dolore allo sterno.

Ci sono tante cose che possono far preoccupare un genitore circa la crescita di un figlio, le migliaia di variabili che possono intervenire nella sua vita e che, sfuggendo al tuo controllo, incidono sul corso degli eventi. Ma niente credo sia paragonabile ad una paura indefinita, qualcosa che non ti aspetti e che non sai descrivere. Qualcosa o qualcuno che non conosci. 
E credo che sia questo timore ad intervenire in questi casi nel cuore di una mamma o di un papà, che di fronte ad esso si trovano impotenti. Incapaci di proteggere il proprio figlio. 
Questo fatto dell'asilo di Milano mi fa pensare astrattamente a queste paure, ma anche a interventi più concreti che dovrebbero eliminarle del tutto se le cose funzionassero bene. Ma questi sono altri discorsi. 
Non so se in ogni caso il dolore allo sterno se ne andrebbe del tutto, o se farebbe capolino comunque in altre occasioni. Non lo so. Quello che so e che volevo condividere era questo mio male al petto. 

E questa è  una delle cose che non mi aspettavo, sinceramente. Non la immaginavo cosi mentre aspettavo di essere mamma. Ma credo che dovrò  accettare il fatto che, fra le tante gioie che il diventare mamma comporta, ci sia necessariamente anche questa piccola grande fitta, che farà compagnia al mio cuore per sempre.