giovedì 1 settembre 2016

#fertiltyday

Cara Ministra della Salute,

sono la mamma di un bimbo di 15 mesi. Dio solo sa quanto l'ho aspettato e desiderato, e il suo arrivo è  stato talmente travagliato che ho deciso di raccontare la mia storia e quella di mio marito in un blog che si chiama "la mamma che aspettavo".
Si, proprio così,  perché la mamma che aspettavo è  arrivata a 38 anni. 

Il motivo per cui ti sto scrivendo, cara Ministra, è lo stesso per cui ho deciso di scrivere la mia storia su un blog, e cioè per non fare mai più sentire le donne che desiderano un figlio e che non possono averlo come delle donne di serie B, delle donne a metà, incompiute o "difettose", come spesso, invece, mi sono sentita io.

Vedendo le immagini della triste (non so davvero come altro definirla) campagna che tu, con l'appoggio del tuo governo, hai deciso di lanciare a favore (?) della fertilità, non ho potuto resistere e, perdonami la franchezza, ma devo dirtelo: penso che dovreste vergognarvi. 
Parlare di fertilità è  difficile, dirai tu! Lo so, non dirlo a me, che mi sono messa a nudo in rete, raccontando le fatiche, le delusioni, le frustrazioni e i dolori psicologici che una donna subisce quando non riesce a diventare madre desiderandolo con tutta se stessa. Ma proprio per questo ti chiedo, in tutta sincerità: ma come ti è  venuta l'idea di parlare di questo argomento alle donne italiane che non hanno figli rappresentandole con una clessidra in mano? Come??

Ti sto parlando da mamma a mamma, cara Ministra, ché so che anche tu sei diventata madre in tarda età e perciò dovresti sapere che sbattere in faccia una clessidra ad una donna che sta cercando un figlio e che fatica ad averlo è  un po' come mostrare ad un condannato a morte la foto del patibolo ogni giorno! 
Durante tutti gli anni che ho trascorso con mio marito tra centri di procreazione assistita, provette, punture, esami, iui, fivet e compagnia bella ho combattuto la mia personale battaglia contro il tempo che passava e che piano piano si portava via gli anni che avrei voluto dedicare a prendermi cura di un figlio e, credimi, la clessidra era uno di quegli oggetti che non volevo vedere neanche dipinta! 

Tu dici che la fertilità è un "bene comune", ma non lo è. È una caratteristica personale, fisica di ogni donna o uomo che sia, e scusami ma tu che sei Ministra della Salute dovresti saperlo! Di più,  dovresti aiutare il sistema sanitario ad agevolare le cure, i rimedi e incentivare gli studi sul perché questa malattia sia sempre più  diffusa negli ultimi anni nelle nostre società occidentalizzate e stressate, e perché i centri di PMA siano così affollati e le liste d'attesa così lunghe, anziché far sentire le donne in ritardo! 

Voglio lasciar perdere i discorsi, ragionevoli e giustificabili, relativi al fatto che diventare genitori può essere anche una scelta dipendente da ragioni di stabilità economica, lavorativa eccetera. Sono convinta che lo è  in molti casi, e nessuno  ha il diritto di consigliare quando per una coppia sia il momento giusto per avere figli. 

Ma voglio concentrarmi solo sulla mia modesta esperienza, poiché non posso giudicare le altre: parlo da donna e parlo per quelle donne che non possono scegliere. 
Per quelle che un figlio non lo possono avere, anche se lo sanno che il tempo passa, e che soffrono, sperano oltre ogni limite, provano vergogna perché non si sentono adeguate, si sentono in colpa nei confronti dei loro compagni, dei loro famigliari, in colpa verso se stesse per qualcosa di cui invece non hanno nessunissima colpa! Ne ho incontrate tante di donne così. Nelle sale di attesa, negli ambiti della vita più impensati e nelle cerchie più ristrette delle mie amicizie. Care amiche che oggi, diversamente da me, non sono riuscite a realizzare il desiderio di un figlio. 

Come donna che è stata fra loro mi sento offesa oggi per il messaggio che passa dalla vostra comunicazione: quello di una donna che deve realizzarsi per forza e  in fretta solo diventando madre. 

Oggi che lo sono posso dire che essere genitore è  senza dubbio un'esperienza appagante e affascinante, un evento che cambia la vita per sempre. Ma mi sono sempre chiesta e me lo chiedo spesso ancora oggi come avrei affrontato la mia vita se fossimo rimasti senza figli? 
Non lo so con certezza, ma una cosa, cara Ministra, l' ho imparata dal mio doloroso e tortuoso percorso per diventare mamma "in ritardo" e cioè: che semplimente i figli, i nostri figli, devono essere felici, e non farci felici. Quando ho capito che avremmo potuto essere felici anche senza figli ho capito che avevo raggiunto la meta della mia ricerca, che sarei stata pronta ad accogliere un figlio, ma anche a vivere senza.

Anche ora che un figlio ce l'ho, sento che lui non dovrà avere la responsabilità della nostra felicità come genitori, perché un figlio che nasce già con questa missione è un uomo che ha già sulle spalle un fardello ingiustamente troppo pesante e se non può affidarglielo un genitore figuriamoci lo Stato. 
Spero per te cara Ministra che tu non voglia affidare ai tuoi figli e ai figli delle mamme italiane la responsabilità di farle sentire pienamente donne.

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