venerdì 9 dicembre 2016

Un nuovo Natale

Mio figlio ha 1 anno e mezzo. Questo è il suo secondo Natale. Il primo, lo scorso anno, l’ha vissuto forse ancora inconsapevolmente. Questo invece pare iniziare ad incuriosirlo.

Nota con grande attenzione il susseguirsi di luci colorate per la strada, indica con le mani gli alberi di Natale e poi dice “Babbo” ogniqualvolta vede un omone grassoccio vestito di rosso e con la barba. Ma dice anche “Gesù”, perché gli abbiamo spiegato che un Bambino nasce nel presepe che ha costruito a casa dei nonni, e che non può vederlo fino alla notte magica del 24. 
 Ed è per questo che abbiamo nascosto la statuina di Gesù Bambino nel cassetto e lui gli manda baci con la manina tutte le volte che lo apriamo, anche se non riesce a vederne il contenuto. 
Ricordo che da piccola per me il momento in cui la mamma ci dava la statuina di Gesù Bambino da mettere finalmente nella mangiatoia la sera della Vigilia era un momento magico, ricco di significato e immaginazione. 

Ora che da mamma inizio a vivere il Natale mettendomi nei panni di mio figlio, mi rendo conto che girando per le nostre città, nella nostra società, il Natale preparato non è un Natale per Bambini. 

Babbo Natale è ovunque, in un proliferare di casette, villaggi, slitte. In ogni presepe c'è Gesù Bambino ed io mi sento male al pensiero che il nostro l'abbiamo chiuso nel cassetto. E che quando Pietro sarà più grande, forse già l'anno prossimo, vorrà delle spiegazioni per questo...!

Quando io ero bambina, e non sto parlando di ere preistoriche, era raro vedere gente vestita da Babbo Natale. Nei grandi, grandi magazzini, forse, ma anche quelli non erano certo diffusi come i centri commerciali di oggi. E di casette o villaggi stile Lapponia neanche a parlarne. Io la slitta con le renne me la immaginavo davvero volare in cielo, guardando fuori dalla finestra della cucina, sperando di vederla passare prima di addormentarmi. 

Da piccola avevo un amico immaginario, noto a tutta la mia famiglia. Si chiamava Andrea e  lo ricordo perfettamente. Oggi ho letto in un libro che recenti ricerche registrano una riduzione significativa della presenza dell'amico immaginario nella vita infantile.

La verità non è un concetto applicabile al mondo dei bambini. 
Io non credo che dobbiamo mostrargli tutto, dovremmo lasciare che tante cose,  soprattutto quelle più belle, più magiche come le storie del Natale rimangano nella loro fantasia, racchiuse nel loro cuore.

È veramente un mestiere difficile essere genitori oggi. 

Mi chiedo se mio figlio scoprirà tutta la verità sul Natale prima ancora di iniziare ad immaginarla. 

E in questi momenti lo guardo. Lo osservo e mi sembra subito immediatamente chiaro che non gli devo insegnare proprio niente. Che, anzi, sono io a dover imparare da lui. 

L’ho capito osservando questo: ogni mattina, quando apriamo la porta di casa per uscire, Pietro indica sorridendo e con ampi gesti delle mani, il fuoriporta che abbiamo appeso, che lui stesso ha realizzato allo spazio gioco, insieme ai suoi amichetti e all’educatrice.
Io troppo frettolosamente lo trascino per un braccio, perché siamo sempre in ritardo, con mille borse sulle spalle, una scarpa slacciata e il cappello storto. E gli ripeto: “ Si, si, amore…il tuo lavoretto!!”, mentre sono già con un piede fuori sulle scale.
Ma, oggi, l’ho guardato. Mi sono fermata un momento e, immobile, ho provato a lasciarlo fare, e ho ammirato a lungo la sua manifestazione sbalordita mentre indicava il lavoretto: un'espressione a metà tra la confusione, di chi non capisce come il lavoretto possa essere ancora e sempre lì appeso  ogni santa mattina e la meraviglia di contemplare un oggetto così interessante ai suoi occhi.

La sua era l’espressione di chi si stupisce di fronte a qualcosa che NON è nuovo.
Ed ho pensato che è veramente difficile stupirsi, per noi adulti, di fronte a qualcosa di NON nuovo. Ma che hai già visto, non solo una volta, ma addirittura tutti i giorni.

Ecco. Ho pensato. Perché noi adulti perdiamo, crescendo, questa capacità? 

Come saremmo se, come i bambini, ogni giorno rimanessimo incantati di fronte alle cose che accadono?
Se guardassimo al sole che sorge, alla pioggia, al ghiaccio sul vetro dell’auto, alle persone che incontriamo come se le vedessimo sempre per la prima volta. Ogni giorno come la prima volta? Ci pensate come sarebbe? È difficile persino da immaginare. 

In seguito all’episodio del fuoriporta ho potuto osservare che mio figlio ha lo stesso atteggiamento con i nonni, dai quali lo accompagno ogni mattina. E mi sono accorta che applica alle persone proprio lo stesso meccanismo che riserva alle cose:  sebbene lui abbia capito ormai che lo sto accompagnando dai nonni prima di recarmi a lavorare, il suo sguardo appena li vede spuntare sull’uscio della loro casa è ogni giorno nuovo. 
E la sua attesa! L’attesa di vederli. E’ quasi trepidante. 

Questo mi ha colpito, pensandoci. Mi piacerebbe imparare da mio figlio ad avere la stessa smania di vedere le cose come nuove, ogni volta. 
Di rivederle e riviverle ogni giorno uguali, ma ogni giorno con identico entusiasmo. 

Così Natale arriverebbe ogni anno, ma sarebbe sempre come la prima volta, se lo guardassimo con gli occhi di un bambino.

E così che mi è venuta l’idea del desiderio da esprimere per questo Natale. 

Io chiederei a Gesù Bambino e anche a Babbo  Natale, se potessero,  di ricevere in regalo lo stupore di mio figlio Pietro di fronte alla vita.
Gli stessi occhi luccicanti, appassionati, meravigliati, sbalorditi sul Natale, sulle persone, sul mondo intero.