mercoledì 19 luglio 2017

Riunioni

E poi arriva la prima riunione dell'asilo per una come me.
Una come me che, molto realisticamente, era la più vecchia in quella stanzetta con le pareti dipinte, calda e affollata di mamme e di papà in un pomeriggio di fine giugno.
Un giorno qualunque, come una mamma qualunque, che fa le cose che fanno tutte le mamme.
Ma che, per me, non possono proprio essere normali.

Ed è per questo che, alla fine della riunione, sono uscita da quella stanza, lasciandomi dietro il caldo afoso e le mamme sudate che circondavano le maestre e gli facevano domande.
Sono uscita in silenzio, leggera, lasciando la porta socchiusa per non fare rumore e, senza salutare, mi sono avviata verso la macchina.
E non lo so se fosse una lacrima o il sudore che mi annebbiava gli occhi, ma sono salita in auto e ho guidato verso casa con tutti i finestrini abbassati, ascoltando una canzone a tutto volume.
Pensando a quanto lontana mi sembrasse una riunione come questa quando cercavo invano di raggiungere mio figlio. Ed ora invece la riunione era già finita, mezz'oretta al massimo!

Pensando a quanto avevo odiato le mamme alle riunioni dell'asilo coi figli.
E a quanto, davvero, non sapessi cosa volesse dire odiarle solo perché non potevo farne parte. Non lo sapevo ed ora, forse, non le odierei più ma, si sa, col senno di poi son tutti bravi a parlare...
Pensando a come farò a settembre a mettere uno zainetto in spalla a mio figlio e guardarlo avviarsi verso quell'edificio sconosciuto. A come sia già arrivato questo momento così in fretta.
E a perché mai quei maledetti anni in cui lo cercavo sembrassero lenti e lunghissimi, mentre ora il tempo sia così veloce e lo porti già su quel vialetto per l'asilo?
Poi la strada verso casa é finita. Sono arrivata e ho spento l'auto, la radio e tutto. Ho fatto un sospiro e mi son detta: in fondo c'è ancora un'estate intera per averti tutto per me, Pietro.

Poi un pezzettino di te se ne andrà, tutto solo, su quel vialetto, senza che io possa vederti di fronte, ma solo da dietro. Accompagnandoti verso la tua nuova avventura.

Speriamo che faccia ancora caldo Pietro, quel giorno di settembre, così le mie lacrime potranno confondersi col sudore, come oggi.

Giorni difficili

Ci sono giorni difficili. Giorni in cui tutto gira storto, tutto sembra insormontabile: quel problema in ufficio, quel cambiamento, quella tensione che va a finire che rispondi male a chi proprio non vorresti, e poi quell'incomprensione stupidissima, la pioggia e il traffico e nessuno che ti capisce e la borsa della spesa che ti si rompe proprio prima del portone di casa facendo cadere tutto per terra!
In questi giorni diventa difficile anche essere la mamma che vorresti.
Ti sembra di dedicare a tuo figlio solo il residuo di questa tua orrenda giornata, fatto di quel briciolo di energia rimasta, dopo che tutte le altre se ne sono andate in insulti e rabbia.

Guardarti dormire e respirare profondo con quel tuo labbro abbandonato é il momento migliore cui si possa aspirare, in giorni cosi. Ti guardo e penso: meno male che ci sei tu! Chi di noi non lo ha mai detto al proprio bambino? Chi di noi non si rifugia in loro la sera, quando li guarda dormire?
Quando lo faccio mi sento sempre sollevata, qualsiasi cosa accada nella mia giornata.
In giornate come questa la tentazione di aggrapparsi a te, figlio mio, come ancora di salvezza, in mezzo ad un mare in tempesta é forte.
Ma è una tentazione alla quale non cederò!
No, non lo farò. Non penserò questo di te, mio piccolo e inconsapevole salvatore!
Primo perché non sei il merito delle mie azioni, e Dio solo sa che cosa ho fatto per meritarmi un regalo immeritabile come te.
Secondo perché tu, Pietro, sei molto di più che la mia ancora di salvezza. Molto più che un rifugio dove scappare quando non ce la faccio.

Sei tanto, immensamente, di più.
Sei una vita. Sei un mondo. Sei tu!
Sei la tua vita, non la mia. Sei la tua forza, non la mia.
Anche se ti guardo e penso che non sarei più la stessa senza te, sento che non posso darti questo compito.
Preferisco attraversare mille di questi giorni grigi, e tornare a casa con mille buste della spesa rotte e insegnarti a raccogliere piano piano ogni oggetto e rimetterlo al proprio posto.
A fare i conti con le tue paure e fragilità perche nessuno, nemmeno la tua mamma, potrà vivere la tua vita al posto tuo.
E le persone che amerai, e che ti ameranno, sono importanti si, ma capirai che non è giusto aggrapparsi a loro per fuggire dai problemi. Affrontarli insieme piuttosto. Aiutarle e farsi aiutare. Ma mai sostituirle alle proprie paure.

Perché tu, figlio, hai tutta la tua vita davanti e solo tu puoi attraversarla con gli alti e i bassi che sono necessari.
E vivi, figlio! Vivi con tutto il tuo cuore, che stasera mi sembra l'unica cosa importante nella vita.
Vivi e racconta le cose belle che siamo stati io e te.
Perché tu sei un'orchestra di emozioni a cui dare ancora un nome.

Il treno delle mamme

Ed eccomi qui, sopra un treno che mi sta riportando a casa dalla vacanza appena trascorsa. Sono senza mio figlio, che invece è rimasto al mare coi nonni.
È  la prima volta che lo lascio solo per più di un giorno.
È  la prima volta che sto senza di lui, per più di una notte.

Sono seduta su questo treno infame, che tradisce il mio essere mamma, e che mi fa sentire in colpa, tremendamente in colpa.

È passata solo mezz'ora da quando l'ho abbracciato un ultima volta e mi manca già da morire. Sono uscita dall' appartamento prestissimo, e mi sono sentita un verme, perché ho pensato per giorni a come gestire questo momento, a come prepararlo al meglio a questo distacco di pochi giorni, e poi, è  andata a finire che l' ho salutato  ancora mezzo addormentato e non so se completamente vigile, con quel suo faccino ciondolante e pieno di sonno. Mi è venuto un  groppo in gola e non c'è l'ho fatta, gli ho baciato nel sonno quelle sue manine abbandonate, l'ho annusato forte e gli ho appoggiato la testa sul cuoricino per infiniti minuti. Poi l'ho preso in braccio per svegliarlo, gli ho detto che mamma tornerà presto, come la mamma Gufa della sua favola preferita. Aveva gli occhi semi aperti. Mi chiedo se avrà capito, ma spesso i bambini sono sorprendenti e capiscono molte più cose di quanto pensiamo noi adulti.
Ma io mi sento in colpa lo stesso. Forse in qualsiasi modo avessi fatto.  La verità è che lui tra poco si sveglierà,  e non troverà più la sua mamma accanto a lui. Ed io mi sento male al solo pensiero.

Mi manca già il suo profumo, il suo corpicino da stringere fra le braccia, i suoi occhioni profondi, le sue grida e le sue facce buffe. So già che mi mancherà di giorno, all'ora in cui abbiamo fatto colazione al mare, o in cui abbiamo giocato a fare formine di sabbia o in cui l'ho aspettato scendere dallo scivolo. Mi mancherà l'ora della focaccia, e dei cartoni dopo il pranzo. L'ora dei piedini sciaquati prima di uscire dalla spiaggia, l'ora del gelato e della passeggiata serale rincorrendo quel suo nuovo filare in bici velocissimo.

Non so come farò ad allontanare questa mancanza lacerante in questi giorni. Io sono Pietro e lui è dentro di me da quando è nato. Anzi da prima. Molto prima.
Ho pensato tanto se fosse giusto lasciarlo qualche giorno al mare senza di me, che non ho potuto prolungare le mie ferie. Ne abbiamo parlato tanto io e il Mio, e alla fine, rassicurata anche dai nonni non ci avevo più pensato, dal momento della prenotazione fino ad oggi. Fino a questo preciso istante, non avevo capito cosa volesse dire.
Quando l'avevamo deciso non avevo riflettuto bene su tutti gli aspetti di questo allontanamento, e quasi sentivo una certa attesa per qualche giorno libero da poter passare a casa da soli io e mio marito.

Immaginavamo cenette solitarie e serate da sfruttare il piu possibile che non sarebbero capitate piu tanto presto, serate libere in cui giocare a fare i fidanzati, serate da organizzare e da riempire con....boh, chi lo sa poi davvero con cosa!!
La verità è che queste serate mi sembreranno tremendamente vuote.

Il treno si ferma. Sono arrivata a Milano.  Ora devo correre al lavoro.
Stasera sarà già martedì sera. E non appena passerà la notte sarà già mercoledì e mancheranno solo due giorni prima di tornare al mare a riabbracciare Pietro. Non vedo l'ora di addormentarmi e sperare che queste notti di solitarie follie passino veloci.

I tempi dei bambini

I bambini hanno i loro tempi, che noi adulti non riusciamo a capire.

Quando cerchiamo di portarli dove vogliamo noi, ecco che loro oppongono resistenza. Quando proviamo noi a seguirli, ecco che ci troviamo a percorrere strade nuove e bellissime, molto più belle di quelle su cui siamo abituati a camminare.

La strada che ha fatto mio figlio Pietro per buttarsi finalmente in acqua in questi 15 giorni di vacanza é stata la piu bella che io da mamma abbia mai percorso. Un tuffo arrivato solo l'ultimo giorno, dopo decisi rifiuti, fughe, pianti, braccia strette intorno al collo.
E noi attoniti, a chiederci: proprio lui, che va in piscina dall' età di 3 mesi? E tutti giù a dare interpretazioni e consigli: fate cosi, non fate colà,  é normale alla sua età, non è normale alla sua età, perché di qua, perché di là...

E  invece lui sapeva. E sapeva anche riconoscere i suoi sentimenti, una cosa sorprendente per i suoi due anni, tanto pochi quanto illuminanti per me, che una sera gli ho domandato, amore perché non entri nel mare? E mi sono sentita rispondere, con tutta la più disarmante e logica semplicità, "mamma le onde mi fanno paura".
Così, scandito bene, senza errori di pronuncia. Una frase completa e perfetta.

È allora che mi sono detta, quante cose ha da insegnarmi mio figlio?

Ma ancora non sapevo quante, finché ieri, non l'ho visto partire, camminare deciso verso quelle onde, immergersi fino al collo e farsi mettere i suoi braccioli e tuffarsi, muovere le sue gambine, nuotare come sa fare, e sorridere, sorridere, sorridere.
Sorridere felice. Felice del suo coraggio, felice della sua scelta, felice della sua strada.

Sorridere come lui solo sa fare, perché lui lo sapeva.
Perché loro, i bambini, sanno sempre molto più di noi.