mercoledì 19 luglio 2017

Riunioni

E poi arriva la prima riunione dell'asilo per una come me.
Una come me che, molto realisticamente, era la più vecchia in quella stanzetta con le pareti dipinte, calda e affollata di mamme e di papà in un pomeriggio di fine giugno.
Un giorno qualunque, come una mamma qualunque, che fa le cose che fanno tutte le mamme.
Ma che, per me, non possono proprio essere normali.

Ed è per questo che, alla fine della riunione, sono uscita da quella stanza, lasciandomi dietro il caldo afoso e le mamme sudate che circondavano le maestre e gli facevano domande.
Sono uscita in silenzio, leggera, lasciando la porta socchiusa per non fare rumore e, senza salutare, mi sono avviata verso la macchina.
E non lo so se fosse una lacrima o il sudore che mi annebbiava gli occhi, ma sono salita in auto e ho guidato verso casa con tutti i finestrini abbassati, ascoltando una canzone a tutto volume.
Pensando a quanto lontana mi sembrasse una riunione come questa quando cercavo invano di raggiungere mio figlio. Ed ora invece la riunione era già finita, mezz'oretta al massimo!

Pensando a quanto avevo odiato le mamme alle riunioni dell'asilo coi figli.
E a quanto, davvero, non sapessi cosa volesse dire odiarle solo perché non potevo farne parte. Non lo sapevo ed ora, forse, non le odierei più ma, si sa, col senno di poi son tutti bravi a parlare...
Pensando a come farò a settembre a mettere uno zainetto in spalla a mio figlio e guardarlo avviarsi verso quell'edificio sconosciuto. A come sia già arrivato questo momento così in fretta.
E a perché mai quei maledetti anni in cui lo cercavo sembrassero lenti e lunghissimi, mentre ora il tempo sia così veloce e lo porti già su quel vialetto per l'asilo?
Poi la strada verso casa é finita. Sono arrivata e ho spento l'auto, la radio e tutto. Ho fatto un sospiro e mi son detta: in fondo c'è ancora un'estate intera per averti tutto per me, Pietro.

Poi un pezzettino di te se ne andrà, tutto solo, su quel vialetto, senza che io possa vederti di fronte, ma solo da dietro. Accompagnandoti verso la tua nuova avventura.

Speriamo che faccia ancora caldo Pietro, quel giorno di settembre, così le mie lacrime potranno confondersi col sudore, come oggi.

Giorni difficili

Ci sono giorni difficili. Giorni in cui tutto gira storto, tutto sembra insormontabile: quel problema in ufficio, quel cambiamento, quella tensione che va a finire che rispondi male a chi proprio non vorresti, e poi quell'incomprensione stupidissima, la pioggia e il traffico e nessuno che ti capisce e la borsa della spesa che ti si rompe proprio prima del portone di casa facendo cadere tutto per terra!
In questi giorni diventa difficile anche essere la mamma che vorresti.
Ti sembra di dedicare a tuo figlio solo il residuo di questa tua orrenda giornata, fatto di quel briciolo di energia rimasta, dopo che tutte le altre se ne sono andate in insulti e rabbia.

Guardarti dormire e respirare profondo con quel tuo labbro abbandonato é il momento migliore cui si possa aspirare, in giorni cosi. Ti guardo e penso: meno male che ci sei tu! Chi di noi non lo ha mai detto al proprio bambino? Chi di noi non si rifugia in loro la sera, quando li guarda dormire?
Quando lo faccio mi sento sempre sollevata, qualsiasi cosa accada nella mia giornata.
In giornate come questa la tentazione di aggrapparsi a te, figlio mio, come ancora di salvezza, in mezzo ad un mare in tempesta é forte.
Ma è una tentazione alla quale non cederò!
No, non lo farò. Non penserò questo di te, mio piccolo e inconsapevole salvatore!
Primo perché non sei il merito delle mie azioni, e Dio solo sa che cosa ho fatto per meritarmi un regalo immeritabile come te.
Secondo perché tu, Pietro, sei molto di più che la mia ancora di salvezza. Molto più che un rifugio dove scappare quando non ce la faccio.

Sei tanto, immensamente, di più.
Sei una vita. Sei un mondo. Sei tu!
Sei la tua vita, non la mia. Sei la tua forza, non la mia.
Anche se ti guardo e penso che non sarei più la stessa senza te, sento che non posso darti questo compito.
Preferisco attraversare mille di questi giorni grigi, e tornare a casa con mille buste della spesa rotte e insegnarti a raccogliere piano piano ogni oggetto e rimetterlo al proprio posto.
A fare i conti con le tue paure e fragilità perche nessuno, nemmeno la tua mamma, potrà vivere la tua vita al posto tuo.
E le persone che amerai, e che ti ameranno, sono importanti si, ma capirai che non è giusto aggrapparsi a loro per fuggire dai problemi. Affrontarli insieme piuttosto. Aiutarle e farsi aiutare. Ma mai sostituirle alle proprie paure.

Perché tu, figlio, hai tutta la tua vita davanti e solo tu puoi attraversarla con gli alti e i bassi che sono necessari.
E vivi, figlio! Vivi con tutto il tuo cuore, che stasera mi sembra l'unica cosa importante nella vita.
Vivi e racconta le cose belle che siamo stati io e te.
Perché tu sei un'orchestra di emozioni a cui dare ancora un nome.

Il treno delle mamme

Ed eccomi qui, sopra un treno che mi sta riportando a casa dalla vacanza appena trascorsa. Sono senza mio figlio, che invece è rimasto al mare coi nonni.
È  la prima volta che lo lascio solo per più di un giorno.
È  la prima volta che sto senza di lui, per più di una notte.

Sono seduta su questo treno infame, che tradisce il mio essere mamma, e che mi fa sentire in colpa, tremendamente in colpa.

È passata solo mezz'ora da quando l'ho abbracciato un ultima volta e mi manca già da morire. Sono uscita dall' appartamento prestissimo, e mi sono sentita un verme, perché ho pensato per giorni a come gestire questo momento, a come prepararlo al meglio a questo distacco di pochi giorni, e poi, è  andata a finire che l' ho salutato  ancora mezzo addormentato e non so se completamente vigile, con quel suo faccino ciondolante e pieno di sonno. Mi è venuto un  groppo in gola e non c'è l'ho fatta, gli ho baciato nel sonno quelle sue manine abbandonate, l'ho annusato forte e gli ho appoggiato la testa sul cuoricino per infiniti minuti. Poi l'ho preso in braccio per svegliarlo, gli ho detto che mamma tornerà presto, come la mamma Gufa della sua favola preferita. Aveva gli occhi semi aperti. Mi chiedo se avrà capito, ma spesso i bambini sono sorprendenti e capiscono molte più cose di quanto pensiamo noi adulti.
Ma io mi sento in colpa lo stesso. Forse in qualsiasi modo avessi fatto.  La verità è che lui tra poco si sveglierà,  e non troverà più la sua mamma accanto a lui. Ed io mi sento male al solo pensiero.

Mi manca già il suo profumo, il suo corpicino da stringere fra le braccia, i suoi occhioni profondi, le sue grida e le sue facce buffe. So già che mi mancherà di giorno, all'ora in cui abbiamo fatto colazione al mare, o in cui abbiamo giocato a fare formine di sabbia o in cui l'ho aspettato scendere dallo scivolo. Mi mancherà l'ora della focaccia, e dei cartoni dopo il pranzo. L'ora dei piedini sciaquati prima di uscire dalla spiaggia, l'ora del gelato e della passeggiata serale rincorrendo quel suo nuovo filare in bici velocissimo.

Non so come farò ad allontanare questa mancanza lacerante in questi giorni. Io sono Pietro e lui è dentro di me da quando è nato. Anzi da prima. Molto prima.
Ho pensato tanto se fosse giusto lasciarlo qualche giorno al mare senza di me, che non ho potuto prolungare le mie ferie. Ne abbiamo parlato tanto io e il Mio, e alla fine, rassicurata anche dai nonni non ci avevo più pensato, dal momento della prenotazione fino ad oggi. Fino a questo preciso istante, non avevo capito cosa volesse dire.
Quando l'avevamo deciso non avevo riflettuto bene su tutti gli aspetti di questo allontanamento, e quasi sentivo una certa attesa per qualche giorno libero da poter passare a casa da soli io e mio marito.

Immaginavamo cenette solitarie e serate da sfruttare il piu possibile che non sarebbero capitate piu tanto presto, serate libere in cui giocare a fare i fidanzati, serate da organizzare e da riempire con....boh, chi lo sa poi davvero con cosa!!
La verità è che queste serate mi sembreranno tremendamente vuote.

Il treno si ferma. Sono arrivata a Milano.  Ora devo correre al lavoro.
Stasera sarà già martedì sera. E non appena passerà la notte sarà già mercoledì e mancheranno solo due giorni prima di tornare al mare a riabbracciare Pietro. Non vedo l'ora di addormentarmi e sperare che queste notti di solitarie follie passino veloci.

I tempi dei bambini

I bambini hanno i loro tempi, che noi adulti non riusciamo a capire.

Quando cerchiamo di portarli dove vogliamo noi, ecco che loro oppongono resistenza. Quando proviamo noi a seguirli, ecco che ci troviamo a percorrere strade nuove e bellissime, molto più belle di quelle su cui siamo abituati a camminare.

La strada che ha fatto mio figlio Pietro per buttarsi finalmente in acqua in questi 15 giorni di vacanza é stata la piu bella che io da mamma abbia mai percorso. Un tuffo arrivato solo l'ultimo giorno, dopo decisi rifiuti, fughe, pianti, braccia strette intorno al collo.
E noi attoniti, a chiederci: proprio lui, che va in piscina dall' età di 3 mesi? E tutti giù a dare interpretazioni e consigli: fate cosi, non fate colà,  é normale alla sua età, non è normale alla sua età, perché di qua, perché di là...

E  invece lui sapeva. E sapeva anche riconoscere i suoi sentimenti, una cosa sorprendente per i suoi due anni, tanto pochi quanto illuminanti per me, che una sera gli ho domandato, amore perché non entri nel mare? E mi sono sentita rispondere, con tutta la più disarmante e logica semplicità, "mamma le onde mi fanno paura".
Così, scandito bene, senza errori di pronuncia. Una frase completa e perfetta.

È allora che mi sono detta, quante cose ha da insegnarmi mio figlio?

Ma ancora non sapevo quante, finché ieri, non l'ho visto partire, camminare deciso verso quelle onde, immergersi fino al collo e farsi mettere i suoi braccioli e tuffarsi, muovere le sue gambine, nuotare come sa fare, e sorridere, sorridere, sorridere.
Sorridere felice. Felice del suo coraggio, felice della sua scelta, felice della sua strada.

Sorridere come lui solo sa fare, perché lui lo sapeva.
Perché loro, i bambini, sanno sempre molto più di noi.

mercoledì 7 giugno 2017

Sogni e partenze

Oggi scrivero' un post leggero!
Si è pronti. Si parte per il mare.
Oggi, 3 giugno 2017. Il giorno della finale di Champions League Juve-Real Madrid.
Diciamo che per me e mio marito Loano non era proprio il luogo in cui sognavamo di essere per un appuntamento cosi importante per noi che abbiamo sangue a strisce bianconere nelle vene.
Ma anche questo fa parte delle cose che, ad avercele chieste tipo 3/4 anni fa, avremmo barattato di corsa con zero accessi della Juve alle fasi finali di qualsiasi coppa europea per i successivi 20 anni. Quindi OGGI tutti a Loano felici.
Siamo in macchina da 7 minuti e Pietro ha già ripetuto 8.750 volte: "la bici!" guardando con tono supplichevole la sua bicicletta nel baule, che potrà usare solo tra circa 3 ore.
In macchina abbiamo: 4 valigie, un lettino con materasso, "la bici", un negozio di giocattoli, una bancarella di gadget per tifosi gestita da emigrati juventini in inghilterra.
Cerco di adottare il metodo della resistenza passiva nei confronti de "la bici". E non siamo neanche al casello.
Sto ripensando mentalmente a dove ero in tutte le finali giocate dalla Juve che ho visto.
Nell'ultima Pietro aveva 16 giorni.
Nelle altre Pietro non esisteva ancora neanche nei miei sogni.
E penso che ci sono sogni. E sogni.
E che non importa se stasera saremo in un anonimo pub di Loano, e che magari potremo anche perdere, e che non saremo insieme ai nostri amici di sempre a farci forza. L'importante è sognare. Credere nei sogni. Averceli.

Ecco siamo al casello. Entriamo in autostrada al grido, sempre più straziante, de "la biiicii!!"!

Avrò preso tutto? Boh, oggi sono leggermente confusa.

L 'importante é che ci sia la bici.

domenica 21 maggio 2017

Favole di compleanno

Oggi sono passati due anni da quando sono diventata mamma. Due anni che hanno cambiato la mia vita, e che hanno messo fine alla mia "attesadiattesa" (http://inattesadiattesa.blogspot.it ) il nome  del mio vecchio Blog, dove ho raccontato tutto il percorso tortuoso che ci ha portati ad avere un figlio.
Oggi mio figlio Pietro compie due anni, sono le sette del mattino ed è domenica, e lui sta ancora dormendo nel lettone con il papà.
Io sono gia in piedi. Mi sono svegliata presto ed ho iniziato a scrivere. Volevo ripercorrere il 21 maggio 2015, ma poi ho aperto un armadio e lo sguardo mi si è fermato su questo ammasso di cartelle, piene di documenti, fogli, esami, ricette, esiti, ricoveri. Cartelle piene di 5 anni della nostra vita spesi appresso al nostro sogno e che non ho ancora avuto il coraggio di buttare via.
Dentro ci sono le lacrime e le delusioni che abbiamo patito e tutto ciò che abbiamo sperimentato prima di diventare genitori. Non le ho mai buttate, perché vi giuro che, ogni tanto, le apro ancora. Le apro e le riguardo un momento. Poi le metto via, ma è come se volessi che rimangano li, vicino a me, comunque a farmi compagnia. A ricordarmi di quanto abbia desiderato diventare mamma, e come sia stata fortunata  a riuscirci. A ricordarmi delle tante donne che percorrono questo cammino, a quanto spesso io pensi a loro, alle loro fatiche e frustrazioni e ai loro sentimenti che conosco molto bene.

Sono qui seduta da sola e penso. Penso a questo ultimo incredibile anno. A quanto Pietro sia cresciuto, i suoi progressi, le sue conquiste, le gioie e le paure nel vederlo cambiare.
Penso che a quest'ora, questo compleanno avrei potuto passarlo in maniera diversa, se quel fratellino o sorellina, arrivato qualche mese fa, non se ne fosse volato via cosi presto. Si perche questo 2017 ci ha portato una nuova esperienza dolorosa, che non ci saremmo mai aspettati. Un nuovo miracolo, arrivato quasi per caso, e troppo presto svanito nel sogno infranto di quello che poteva essere e non è stato.

Dopo 5 anni a riempire queste cartelle, due gravidanze naturali nel giro di due anni mi sembravano francamente impossibili. Poi invece abbiamo scoperto di aspettare una nuova vita. E siamo stati sbalzati su nel paradiso. E poi giù.  Dove quel cuoricino in più, che aveva iniziato a battere, ha smesso di farlo.

È buffo come quando ti abitui a qualcosa di straordinario questo sembri diventare quasi normale. Quando sei dentro ad una favola, come Pretty Woman, poi vuoi di più, vuoi il lieto fine, vuoi il massimo, anche se quel massimo è molto più di quello che potevi sperare.
E così mi sono sentita una donna normale, che è rimasta incinta come una donna normale, e che poteva permettersi di dire di non averci neanche pensato, come fosse successo per caso. Dimenticando come queste parole nei nostri anni duri di fecondazioni assistite e provette, suscitassero in me moti di distruzione di massa di tutto il genere femminile "distrattamente fertile".

Ma adesso che ho sfiorato un altro sogno, io penso al finale del film quando Richard Gere chiede a Julia Roberts cosa vorrebbe e lei risponde: ora voglio la favola. E lui arriva a cavallo della sua automobile a regalargliela. Credo che non smetterò mai di credere alle favole, e vivrò sempre tenendo ben presente di averne vissuta una, e di volerla raccontare a quelle donne che stanno sperando.


Oggi è un giorno speciale . Oggi  la mia favola bella si chiama Pietro, ha le guanciotte rosse e un casco ribelle di biondissimi capelli. Ed ora..si è svegliato!

venerdì 28 aprile 2017

Viaggi

Abbiamo fatto un piccolo viaggio in questo lungo fine settimana primaverile.
E' stato il nostro primo vero viaggio con te in una grande città. E sul treno del ritorno, mentre tu, ebbro di questi giorni strabordanti, ti abbandonavi al più giusto dei sonni,  io ho guardato il tuo papà e gli ho chiesto: "Lo ricorderà secondo te?"

Non so se ti ricorderai di questo viaggio quando sarai grande, caro Pietro, di questa città e del suo profumo, del sapore dei piatti che hai assaggiato, delle corse che hai fatto sul lungomare, delle musiche che hai ascoltato ballando sui marciapiedi, dei monumenti, dell'arte, della gente a cui hai sorriso e del mare che hai osservato a lungo dai moli.
Non so se ti ricorderai, e allora te lo dirò io, che hai riso moltissimo.
Ti dirò del tuo entusiasmo nel salire su un treno e nel guardare dal finestrino il mondo passare veloce. Della tua sorpresa nel vedere le grandi navi al porto e della tua passione per i motorini che a centinaia ti sono passati a 1 millimetro dai piedi, e con più facevano chiasso con più eri felice!

Ti racconterò di come a volte ti ho pensato smarrito, nella confusione e nel traffico di questa grande città. Mi sono chiesta se stavi bene, se non fosse stressante per te, sai, le mamme si fanno venire spesso tanti dubbi. Ma mi è bastato guardare come ci sorridevi, come ci cercavi con i tuoi gesti e le tue parole sghimbesce, per capire che il tuo mondo, in qualunque posto, siamo noi. Anche se un giorno non sarà più così.

Io non ho ricordi di quando avevo 2 anni come te ora, Pietro, forse si e' troppo piccoli per averne.
E forse anche tu non avrai nessun ricordo di questo viaggio.
Ma mi piace immaginare che qualcosa ti sia passato e ti resterà di questa esperienza.

Magari da grande tornerai a Napoli e, passeggiando sul lungomare, ti sembrerà di esserci già stato.
E magari vorrai saperne di più e noi saremo li apposta per raccontartelo, perché è proprio lì, in fondo, che si chiuderà il cerchio.




domenica 19 marzo 2017

I dolori indelebili di una mamma

Da due giorni sono una mamma con un tatuaggio.
Me lo hanno regalato le mie amiche per i miei 40 anni.
È qualcosa che fino ad oggi non ho mai trovato interessante. Mai fino al punto di pensare di disegnarmi qualcosa per sempre  per qualche motivo su una parte del corpo.

Ho scelto di scrivere il nome di mio figlio, e non c'è altra ragione per cui avrei sopportato un tale dolore!
Si, dite quello che volete, io ho una soglia del dolore inesistente e per me è stato folle sentire la punta di un ago incidermi la pelle.

Mentre mi torturava, il tatuatore, forse vedendo la mia faccia da primipara di tatoo, e avendogli dichiarato la mia veneranda età di 40 compiuti, mi fa, con l'espressione di uno convinto di avere di fronte una sorta di rarità: "Allora? male?"
"Malissimo" rispondo. Con gli occhi chiusi.
E lui: "Be dai se hai partorito, questo dovrebbe essere niente, no?.."
"Ho fatto un cesareo -gli dico- non so come sia partorire".
Rido.
E mi viene in mente il bisturi che mi taglia la pancia dalla quale è uscito Pietro. Il freddo della sala operatoria. Il formicolio e le gambe assenti e la lavatrice...si una lavatrice piena che viene svuotata...e tirano e tirano..E non vuole uscire, e sento male, e mi scendono le lacrime e mi mettono la mascherina, forse un po' perdo i sensi, ma sono vigile. Dov'è mio figlio?  Esce o no? Ma quanto ci mette, perché io mi sto per rompere con 'sto tirare..che dolore!

"Ecco fatto"

Ah...finalmente! È nato??

"Il tatuaggio è finito!"
Ah giusto. Il tatuaggio.
È finito. Il nome di mio figlio è scritto sul mio braccio. È bello. È bello come lui.

Che buffa la mia vita. Tra i tanti lettini su cui  mi ha messo sdraiata  questo non lo avrei mai immaginato.
Proprio mai.
Finché non è nata la mamma che aspettavo.


mercoledì 8 marzo 2017

Donne

"Mamma! perché se esiste la festa della donna non esiste anche la festa dell'uomo?"

"Piccolo mio, è una festa come tante altre...."

"Ma, mamma! Io non ho proprio mai sentito uomini che festeggiano la festa degli uomini"

"È vero tesoro, hai ragione. La tua è una bellissima domanda. Sai gli uomini non festeggiano la loro festa. Loro lo sanno e basta di essere uomini. A loro basta saperlo, e basta che lo sappiano tutti, tutti i giorni"

"Quindi alle donne non basta?"

"Vedi amore, alle donne basterebbe. È  che spesso in tanti se ne dimenticano."

"Chi? Gli uomini?"

"Non solo tesoro, anche le stesse donne."

"Cioè dimenticano di essere donne?"

"Non è che dimenticano di essere donne, è che non si ricordano che, come gli uomini, anche loro non avrebbero bisogno di una festa."

"E allora mamma, per queste persone la festa serve a farglielo ricordare?"

"Si tesoro, la festa serve a farglielo ricordare."


Perche è meraviglioso essere mamma a 40 anni

Venerdi 17 febbraio ho tagliato il fatidico traguardo dei 40 anni.

Ho doverosamente festeggiato con la mia famiglia e i miei amici più cari, e poi, nei giorni seguenti mi sono messa a pensare un po' a cosa vuol dire per me essere mamma a 40 anni, dopo anni ad inseguire la cicogna, tra gioie e dolori.
Non è facile fare bilanci, in generale, figuriamoci in relazione all'essere genitori di un bambino non ancora duenne! Ma questo numero, 40, è così rotondo, così ingombrante che, porca l'oca, sembra il sinonimo dei bilanci!
Si dice che l'eta porta consapevolezza e saggezza. Ma non l'ho mai vista veramente cosi. Credo che sia quello che noi facciamo delle esperienze a renderci consapevoli e non semplicemente il passare del tempo.

Se penso a mia madre alla mia età, ad esempio, e la vedo con un figlio di 16 anni (mio fratello maggiore) mi sembra incredibile per i tempi che corrono. Oggi la vedrei come una madre del tutto immatura per un figlio di quell'età, una rarità. Eppure nel suo caso non è stato così. Forse i tempi erano diversi e anche le esperienze, e si arrivava a 30 anni con altri bagagli.

Tutti i nostri genitori sono diventati genitori molto più giovani di noi. Siamo una generazione che fa figli sempre più tardi, nel mio caso anche più tardi della media.

Ma tardi per cosa, effettivamente?  Per chi?

Oggi sento di essere molto piu ricca di 20 anni fa. E non parlo di soldi o stabilità economica, poiché a 20 anni al giorno d'oggi è fuori discussione che ci siano anche le più minime condizioni per decidere di mettere su famiglia e infatti a quell'età nessuno ci pensa ancora, ed è difficile anche a 30 anni.
Parlo di ricchezza di vita.

Le esperienze ti cambiano ma sta a noi scegliere come. A me le mie esperienze mi hanno cambiata, soprattutto quelle negative, e mi hanno reso quella che volevo e che non ero a 20 anni.

Certo quelle diventate mamme alle soglie dei 40, come me, sono le mamme che faranno sempre pensieri del tipo: quando mio figlio avrà 10 anni io quanti anni avrò? È quando ne avrà 20 o 30? È giù a fare i conti... sperando di non invecchiare troppo in fretta per loro.

Ma sono contenta di essere diventata mamma proprio adesso.

Con la somma delle mie esperienze, delle mie sconfitte, delle mie ferite, dei miei ricordi, delle mie storie, dei miei amori vissuti e non, delle passioni, le delusioni, le persone sbagliate, quelle che mi hanno ferito e quelle che ho ferito io, delle mie amicizie, quelle storiche, quelle fugaci, quelle recenti.

Insomma la me stessa che sono adesso sente di avere come mamma qualche freccia in più al suo arco. E mi sento nel momento giusto per poterla scoccare. Per questo mi sento una mamma più pronta, forse (si è pronte mai?), certamente più vicina a me stessa di quella che potevo essere anni fa.

Non so cosa davvero significhi questa sensazione, magari un mucchio di stronzate,  magari mamma si è quando lo si diventa e basta. Oppure mamma lo si è dentro, a prescindere. Senza un figlio, senza un'età, semplicemente un'attitudine.

Io so solo che, nel mio caso, è così  e mi piace pensare che, oggi più di prima, io abbia per mio figlio più parole da raccontare, più canzoni da cantare,  più giochi da inventare, più luoghi da esplorare, più fate da incontrare e draghi da combattere, più libri da leggere, più persone da conoscere, più boschi da attraversare e più montagne da scalare e mari più blu dove tuffarsi.
Più emozioni da descrivere.

Tutto ciò non farà di me una madre migliore, ma io ce la metterò tutta per continuare ad accumulare vita da vivere, questa volta insieme a mio figlio, e chissà lui magari ricomincerà ad insegnarmi tutto daccapo.